(Monologo teatrale)
In principio era la musica e la musica era presso una radio sveglia e la musica era quella di Radio Montecarlo. È quella di Radio Montecarlo. Anche se in rare occasioni ci s’intromette Radio Maria. Sono le 7,45. Scendo dal Monte Sinai. È così che chiamo il mio letto. Perché? Avete mai visto quel letto dell’IKEA a soppalco? Ecco! io dormo abbarbicato su uno di quelli con la mia fidanzata ufficiale. Scendere appena svegli da un coso simile, con le gambe ancora intorpidite e il cervello in STILL, non è un’operazione facile.
Intanto la radiosveglia va avanti per cazzi suoi. A quell’ora danno sempre Circle di Post Malone. Quella canzone è prologo a quello che viene dopo. Già perché, per i primi dieci minuti della mattina, io vago in circolo per l’appartamento: pigiama scozzese dai temi in verde, occhi cisposi e capelli che sembrano un cespo di scarola presa in offerta all’Esselunga.
Comincio a prendere contatto con la realtà solo quando intravedo la moka che scalpita sul fornello. La preparo la sera prima perché al mattino non riuscirei proprio a svitarla. Accendo il fuoco e solo in quel momento appare la mia fidanzata ufficiale. Lei scende dal Sinai due minuti dopo, ma è già pronta a seguire tutti e dieci i comandamenti. Mi passa di fianco mugugnando qualcosa. Non faccio in tempo neanche a girarmi per chiederle se vuole il cappuccino che si è lavata, pettinata e vestita ed è già attaccata al computer. Ha uno sguardo che ricorda da vicino quello di Linda Blair, quella che faceva la bambina posseduta nel film L’Esorcista.
Vuoi il cappuccino? Le faccio e lei: Come? Ti ho chiesto se vuoi il cappuccino? Sì. Piccolo, però.
E mentre cerco di capire come cazzo dev’essere un cappuccino piccolo, sento la moka borbottare. Verso il caffè nelle tazze e poi monto il latte con uno strano affare che io chiamo simpaticamente l’onanista perché, per fare la schiuma con quel coso, bisogna fare andare su e giù uno stantuffo.
Porto i cappuccini a tavola e mi siedo. Accendo il computer che è ormai diventato una specie di animale domestico. Fisso la clessidra che gira. La circolarità non mi abbandona mai. Intingo un frullino rigorosamente tondo nel latte e poi un altro e poi un altro e così via.
La radio intanto dà Tiki bom bom di Levante. In tre mesi ho sentito quella canzone almeno tre volte al giorno. Intanto il computer, con calma, si è avviato. Ci mette un po’. Com’è quella storia che gli animali domestici somigliano al padrone?
Apro Outlook ed eccola là, l’ennesima riunione via Skype fissata alle 10.00 in punto per parlare dell’ultima circolare aziendale. Mi arriva la prima telefonata, ma non rispondo. Mi lavo e metto la camicia. Indosso la camicia tutte le mattine e non so il perché.
Quando ritorno al tavolo vedo che la mia fidanzata ufficiale ha finito il suo piccolo cappuccino e s’è presa un caffè. Ne prendo uno anche io e fumo una sigaretta. Poi comincio. Faccio telefonate, rispondo a telefonate, partecipo a riunioni via Skype e per otto ore circa io e la mia fidanzata ufficiale non parliamo quasi mai. La radio però è sempre accesa. Avete sentito l’ultima di Zucchero? Una cagata. Poi ci sono le breaking news. 507 nuovi contagiati, 4 in meno di ieri. Bene, no? E mentre ascolto per la duecentesima volta il jingle di radio Montecarlo mi accorgo che la giornata è finita. Almeno la mia, perché la mia fidanzata ufficiale rimane ancora a gironzolare intorno al suo computer con le auricolari wireless innestate direttamente nelle orecchie.
E così, giorno dopo giorno, ora dopo ora, tutto rimane uguale. Non ci sono i lunedì e i martedì e nemmeno i giovedì e i venerdì. Dei mercoledì non ne voglio nemmeno sentire parlare. Mi accorgo solo dei sabati e delle domeniche. Ma non sempre. Per il resto tutto è circolare. Il tempo non va avanti, preferisce prenderci in giro. Ogni tanto alzo lo sguardo sulla mia fidanzata ufficiale e penso: siamo solo due criceti che camminano a vuoto su una ruota di plastica che non porta da nessuna parte.